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I 7.000 Km tra Vietnam-Cambogia-Laos.

Come scrivere di un lungo viaggio? Cosa raccontare per trasmettere le stesse emozioni provate in prima persona o almeno farle intuire e permettere al lettore di calarsi nell’avventura raccontata? Da cosa iniziare, quali dettagli trascurare o meno? Tenere un diario durante un viaggio non è cosa semplice: personalmente cerco di evitare le annotazioni tipo “oggi pranzo in tal posto… Serata birra in centro, ecc…”. Preferisco scrivere delle sensazioni provate nei diversi momenti del viaggio. Tuttavia capita naturalmente di contraddirsi e soffermarsi su dettagli che letti in un momento successivo risultano banali o addirittura inutili; anche questo fa parte del viaggio e del caos di ricordi che governa la mia mente. Questo perché scrivere è rivivere il viaggio stesso, con i ricordi che riaffiorano e si fanno fermare su carta in un secondo momento, quel momento in cui sono stati metabolizzati e sei pronto a condividerli con chiunque voglia entrare a farne parte. Certamente, gestire due mesi di informazioni non è cosa semplice e per questo motivo inizierò dal principio facendomi guidare dall’istinto strada facendo… Istinto che altro non è che ciò che ha guidato me e il mio compagno di viaggio durante questa esperienza nel Sud-Est Asiatico. Infine, si aggiunge la difficoltà di rendere appetibile una storia di vita, fare di un diario di bordo un racconto: impresa che un ragazzo di 26 anni come me affronta per la prima volta, tenendo nel cuore e nella mente esempi ammirati da tempo quali quelli di Terzani o Bettinelli.

Siamo Gianluca (chi scrive) e Cristian, due ragazzi di Torino che si godono la beata gioventù e che alcune volte hanno idee molto strane, come ad esempio quella di percorrere in motocicletta 7 mila chilometri dall’altra parte del mondo, in condizioni stradali non del tutto agevoli e con mezzi I 7.000 Km tra Vietnam-Cambogia-Laos. Saremo ricompensati però dalla scoperta di luoghi affascinanti e pieni di cultura, ricchi di vita e sopratutto di quello di cui abbiamo più sete: l’avventura. Prenotiamo il viaggio Milano-Hanoi verso la fine di maggio del 2015, prima della mia partenza per il Centro-America. Una volta tornato da quella bellissima esperienza il mio passaporto rimane chiuso nel cassetto solamente per due settimane, giusto il tempo di disfare e rifare la valigia e di
ritirare la mia patente internazionale (rivelatasi inutile).
Io e Cristian ci incontriamo poche volte per organizzare il viaggio. Questo perché non ci piace programmare tutto in anticipo e nei minimi dettagli: lo troviamo inutile e limitante, molto meglio organizzarci solo per il mezzo di trasporto ed avere un piano generale riguardo ai paesi da visitare. Così facciamo e arriviamo ad una conclusione: viaggeremo in moto, dopo averla comprata ad Hanoi le intraprenderemo un viaggio verso sud che tagli tutto il Vietnam, passando dalla Cambogia, dal Nord della Thailandia (itinerario che purtroppo dovremo modificare) e dal Laos per poi infine tornare ad Hanoi.

Io ho già alcune esperienze in Vietnam, paese che ho visitato varie volte per motivi diversi, tra cui volontariato e studio; inoltre già nel 2012 ho fatto un viaggio in solitaria con una motocicletta da Hanoi a Ho Chi Minh City. Ok, non si può neanche paragonare a ciò che compiremo da lì a breve, ma questo ci dà le basi per organizzarci e quel poco di sicurezza da trasmettere alle nostre famiglie, specialmente a quella di Cristian. Il viaggio più lungo è certamente il volo: INTERMINABILE! La soluzione più economica per volare ad Hanoi prevede uno scalo di tre ore a Doha e uno successivo a Bangkok, quest’ultimo della bellezza di 17 ore! Ovviamente ciò influisce sulla nostra scelta di uscire dall’aeroporto, abbiamo subito sete di viaggiare e di iniziare a scoprire posti nuovi!
Proprio all’uscita dell’aeroporto di Bangkok incontriamo un ragazzo italiano, Federico, con cui prendiamo lo Sky-Train che nel giro di 30 minuti ci porta nel centro della città. Da lì, il nostro primo tuc-tuc, con il quale ci avviciniamo alla zona centralissima, esattamente in Koa San Road, in cui chioschi di street food e negozi per turisti si accavallano l’un l’altro ai lati della via. Ceniamo in un posto economico, ciascuno di noi sceglie un piatto diverso ed io non posso non prendere la mia prima zuppa con noodles, piatto chiamato in modo differente in ognuno dei Paesi della zona. Finalmente riassaporo i gusti e i sapori dell’Asia, che mi mancano da più di due anni. Dopo un certo periodo ho proprio iniziato a patire l’astinenza da cibo asiatico! E quindi qui inizia anche il nostro viaggio culinario.

Camminiamo spaesati in questa via, con la musica “a palla” dei locali, inebriati da odori che vanno dal nauseante al gradevole e spettatori di scenari del tutto nuovi: scorpioni arrostiti (che casualmente in Vietnam non avevo mai visto), decine di tipi di frutta che Cristian si mangia con gli occhi, turisti già ubriachi fradici di buon ora e via dicendo. Il nostro piano è quello di non dormire a Bangkok, ma piuttosto di passare la nottata in una discoteca per poi tornare in aeroporto la mattina presto. Federico, il ragazzo italiano appena conosciuto, avrà il volo per Vientiane a metà mattinata dove raggiungerà la sua ragazza, ma noi invece dovremo aspettare fino all’1 per imbarcarci nel nostro ultimo spostamento. E così facciamo, cerchiamo una buona discoteca su Tripadvisor e scegliamo un locale che alla fine non riusciamo a trovare: giriamo col tuc-tuc per almeno un’ora, con l’autista che continua a passare intorno alla solita via pullulante di centri massaggi alquanto discutibili e successivamente anche intorno a vere e proprie fogne a cielo aperto. Ci fermiamo per ragionare e scegliere un altro posto. Optiamo per l’Insanity, una discoteca abbastanza grossa e con musica decente per i nostri gusti, in cui passiamo qualche paio d’ore a ballare e a divertirci nella nostra prima notte asiatica. Usciti da lì mangiamo qualcosa in un pub a pochi passi di distanza ed iniziamo a dirigerci verso la fermata della metro più vicina. Sono solo due chilometri ma con l’umidità asfissiante e la stanchezza del viaggio risulta quasi una maratona.
Arrivati in aeroporto salutiamo Federico, proviamo a considerare l’ipotesi di incrociare le nostre strade nuovamente nelle settimane successive ma quei pochi programmi stabiliti con Cristian non permettono un’occasione simile, anche solo fortuita. Nonostante ciò, si sa che la vita è strana e spesso fa incrociare strade che sembrano impossibili da ricongiungere. Quindi mettiamo cento sveglie nei cellulari e cadiamo in un sonno profondo. Cristian è il primo a svegliarsi e a prendermi a pugni per svegliare me: il gate è già vuoto, stanno aspettando solo noi! Per fortuna siamo ancora in tempo e ci imbarchiamo, distrutti, sul nostro ultimo volo.

Vietnam
Aeroporto nuovo, linee di autobus che portano in centro, tanto movimento inaspettato qui ad Hanoi.
Sono trascorsi solamente due anni dal mio ultimo soggiorno in Vietnam, sufficienti a permettere all’aeroporto di Noi Bai di ingrandirsi. Un nuovo aeroporto internazionale che sulle prime mi fa pensare “Sono veramente arrivato oppure è solo l’ennesimo scalo?”. Ma invece è tutto vero. Ok, il tutto è molto confusionario come da tradizione vietnamita, le linee degli autobus non sono facilmente interpretabili e non è presente nessuno a dare una mano o qualche indicazione per raggiungere il centro. Le opzioni che prevedano una soluzione economica sono: condividere un taxi (15$ il costo totale del viaggio), prendere un minibus (2$ a persona) oppure prendere l’autobus A7
al costo di 7mila VND, circa 0.40$. Il viaggio è appena iniziato, ci aspettano ben due mesi e quindi il desiderio di risparmiare ci spinge a scegliere la soluzione più economica e scomoda allo stesso tempo, il bus! Scendiamo ad una fermata piuttosto vicina alla casa in cui ho vissuto due anni prima, dove il mio amico Cuong (Ryan per gli amici stranieri) e la sua famiglia ci stanno aspettando; dopodiché raggiungiamo la casa grazie ad un breve tragitto in Xe Om, ovvero il motorino-taxi.
Il giorno dopo il jet lag ci dilania (e lo farà per quasi una settimana) quindi non propriamente di
buon ora andiamo in centro per il primo giro di Cristian in Vietnam. La pressione che abbiamo addosso per cercare subito le nostre moto ha la meglio, quindi andiamo dall’unica persona fidata conosciuta in città: Mister Phung. Phung possiede un negozio, vicino alla chiesa di St. Joseph, in cui affitta e vende qualsiasi tipo di veicolo a motore a due ruote. Dico “fidato” e aggiungo le virgolette perché se da una parte lo conosco molto bene, è d’altra parte una persona che naturalmente pensa al suo business e per questo motivo non guarda in faccia nessuno. D’altronde come dargli torto? Eppure con il tempo ho avuto modo di apprezzare la sua gentilezza, la disponibilità e la dedizione al lavoro a tal punto da iniziare a chiamarlo “Bo oiii” ovvero papà. In diverse situazioni di noleggio precedenti ha provveduto alla riparazione dei miei veicoli senza farmi pagare un centesimo, per il semplice fatto che i problemi creatisi non derivavano da uno scorretto uso del mezzo ma dal mezzo stesso, già sufficientemente fortunato ad essere tutto intero! Fatto sta che troviamo due motociclette abbastanza decenti e ce la caviamo con un prezzo poco più alto della media. Ad ogni modo le ritireremo dopo due giorni, successivamente ad un cambio di batterie, catene e gomme. L’acquisto fondamentale del viaggio si è appena concluso, per cui ora possiamo tranquillamente pensare ad altro e girare un poco per la città. Una bella camminata lungo Hoan Kiem Lake e per il bellissimo quartiere vecchio poco più a nord. I ricordi della mia precedente permanenza affiorano l’uno dopo l’altro, dandomi dei colpi di emozioni fortissimi come quelli che riceve un pugile all’ultimo round prima di finire k.o. Seguiamo l’istinto per muovere i nostri primi passi nel caotico centro cittadino, all’inizio è molto difficile ambientarsi: motociclette ovunque che strapazzano il clacson e che rischiano di investirti ogni pochi metri, miscugli di odori indecifrabili tra cui gas di scarico e profumi di cibi vari, vie che non sono facili da interpretare in cui è facile perdersi (non come nella nostra bella Torino), tutto questo rende l’atmosfera bizzarra ma attraente. La particolarità della cultura locale che ci impressiona nelle prime ore di vagabondaggio è la diversa maniera di impiegare il tempo libero e lavorativo: tutto si fa per strada! Fabbri, falegnami, meccanici, donne che lavano le bacchette e piatti o i normali negozi turistici sono a ridosso della strada, creando un percorso che sembra il gioco “prato fiorito” e i motorini parcheggiati rappresentano le mine da evitare.Senza troppi giri di parole: ad Hanoi si possono fare tantissime cose, come visitare una moltitudine di templi e pagode (mi vengono in mente la One Pillar Pagoda, il Tempio della Letteratura e il tempio posto all’interno dell’Hoan Kiem Lake) oppure il Mausoleo di Ho Chi Minh, il quale accoglie la salma del famosissimo rivoluzionario; infine passeggiare per il quartiere vecchio con le sue trentasei strade, di cui ognuna dedicata alla vendita di prodotti differenti (il nome vietnamita della via riporta il prodotto stesso), oppure lungo il romantico e tranquillo West Lake, o a Lenin Park, per non parlare di molte altre attrazioni minori. Che dire poi dei divertimenti, che nella capitale di certo non mancano: tante discoteche e disco pub pullulano nella città e permettono ai turisti, locali e expat di divertirsi nelle ore notturne. Cosa tra le più importanti di un viaggio in Vietnam è l’esperienza culinaria, che parte proprio da questa città: bisogna provare ogni tipo di cibo di strada senza farsi prendere dalla paura di procurarsi qualche malanno intestinale, perché con l’esperienza ho imparato che ci si può ammalare con qualunque tipo di cibo, da quello che apparente sembra “sporco” a quello che invece ispira fiducia. Quindi bacchette in mano e pronti a riempirsi lo stomaco dal mattino alla sera! In più la Bia Hoi, la birra spillata, è una birra molto leggera ma che sorride al portafogli e permette di conoscere tantissime persone nelle vie del centro; seduti su sedie mignon a misura di vietnamita, con un euro si possono bere cinque bicchieri da 300 ml, quanto basta per concludere una lunga giornata passata a camminare e a visitare la città con un caldo sfiancante. Detto ciò i nostri primi due giorni ad Hanoi passano molto velocemente, pertanto la domenica siamo già pronti ad allacciare il casco per raggiungere la nostra prima destinazione: Minh Chau, un’isola nella Baia di Ha Long di cui il mio amico Ryan mi ha parlato molto bene, essendo una meta poco battuta dal turismo, specialmente da quello occidentale. I primi chilometri sono bellissimi. Guidare la moto è una delle cose che io e Cristian preferiamo fare e questi primi chilometri sono i più belli del nostro viaggio e probabilmente della nostra vita!
Siamo consci di ciò che da lì a due mesi vivremo, visitare panorami mozzafiato e intraprendere esperienze nuove di cui ricordarsi per tutta la vita: ciò ci provoca una scossa di emozione indescrivibile, ci sfoghiamo urlando e macinando i nostri primi stupendi chilometri. La prima tappa non è molto lunga: 190 chilometri non sono poi tanti se successivamente ne dobbiamo fare anche più del doppio in un solo giorno, ma fa un caldo tremendo! Anche con la
brezza motoristica sudiamo e ci stiamo già abbrustolendo per bene sotto il primo sole tropicale. Pazienza, nulla può rovinare il nostro primo giorno in moto e così arriviamo a Cai Rang, dal cui porto dobbiamo prendere una barca per andare sulla “nostra” isola. Purtroppo arriviamo troppo tardi, (anche se a noi sinceramente non sembra affatto) e gli unici due collegamenti giornalieri sono già partiti, quindi ci tocca aspettare la mattina dopo per imbarcarci. Poco male, troviamo un hotel economico e andiamo subito al mare a rilassarci. Mi porto il frisbee comprato appositamente prima di partire, uno di quelli che vengono usati professionalmente e quindi di ottima qualità. Il panorama non è affatto male, abbiamo di fronte a noi la Baia di Ha Long di cui sono già follemente innamorato, ci gustiamo la tranquillità e il tramonto prima di rincasare. Nella notte proviamo a dormire ma ho ancora problemi di jet lag.

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1° Tappa, Hanoi – Minh Chau.

Il mattino seguente andiamo di buon ora al piccolissimo porto di Cai Rong, sono le sei del mattino e la giornata inizia nel peggiore dei modi: imbarcando le nostre moto sul battello veniamo aiutati da una persona, che pensiamo lavori sul battello stesso. Ma così non è. Ci chiede 5$ a testa, che pensiamo siano i soldi del viaggio di andata verso l’isola di Minh Chau. Fatto sta che dopo un’ora, a poche centinaia di metri dall’isola, il capitano del battello ci chiede di pagare il viaggio e lì realizziamo di essere stati derubati. Siamo su tutte le furie e io me la prendo pure con molte persone presenti sulla nave, le quali erano rimaste in silenzio durante tutta la vicenda, come se sia normalissimo chiedere del denaro ulteriore che non dovrebbe in nessun caso essere chiesto. Ma come accade anche in Italia, bisogna essere bravi a capire certe situazioni ed evitarle.
Arrivati sull’isola ci prepariamo a passare il nostro unico giorno di permanenza, per un giretto in moto a scoprire l’isola. Notiamo che tutto è ancora in costruzione, strade e alberghi nasceranno nel giro di pochi mesi (o sono già nati nel momento in cui sto scrivendo questo articolo). Troviamo l’albergo più economico dell’isola e lì ci fermiamo. Il tempo di lasciare gli zaini e siamo immediatamente invitati a fare colazione con la famiglia che gestisce l’hotel : riso in bianco, uova fritte e….. unghie! Unghie? Si, lì per lì capiamo proprio quello, poiché il padre di famiglia ci indica le sue unghie. La comunicazione è ridotta al linguaggio del corpo dato che il mio vocabolario vietnamita consta sì e no di una trentina di parole. L’uomo continua ad indicare le estremità delle proprie mani e il cibo nel piatto, quindi sembra rimandare proprio all’idea delle unghie. Ma non può essere vero! Liquidiamo il discorso dopo una decina di minuti, facendo finta di aver capito. In realtà pensiamo che siano dei molluschi, chiamati in vietnamita “unghie”, ipotesi poi confermata da alcuni ragazzi vietnamiti con cui concludiamo la serata in spiaggia davanti ad un bel barbecue di pesce. Rimaniamo con il dubbio tutto il giorno, giocando a frisbee e a godendoci la spiaggia caraibica. Non male, il Vietnam!

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La spiaggia di Minh Chau.

Non male il Vietnam, ma nel giro di due giorni ho già la rabbia a livelli molto alti, il mio frisbee viene rubato vicino ad uno degli ombrelloni mentre facciamo il bagno. Ok, va bene: meglio il frisbee che i cellulari, ma quel preziosissimo oggetto rappresenta l’unico svago da spiaggia che possediamo, a parte le carte da briscola. Solo dopo quell’episodio realizzo che dovrei essere più attento. Già il giorno precedente una donna mi aveva chiesto se potessi venderglielo, perché il suo bambino capriccioso lo bramava come un piccolo Gollum. Ricordo anche che molti ragazzi ci guardavano incuriositi mentre ci dilettavamo con quello strano oggetto da “gringo”. L’idea di ricomprarne uno durante il viaggio è da scartare, provo a controllare su internet ma sembra che il Vietnam abbia un embargo di frisbee. Tutto è importato in questo paese: la mozzarella, il Parmigiano, la Nutella, la pasta per le lasagne, i vestiti di Armani (o forse si producono proprio qui? Va a sapere…), le mutande di Cristiano Ronaldo, ma non i frisbee! Una delusione cocente. Forse do l’impressione di esagerare, di gonfiare questa storia, ma no, vi assicuro che sono veramente triste, ancora adesso. Partiamo la mattina seguente lasciando questo piccolo paradiso e caricate le moto sul battello di buon ora (senza farci aiutare da nessuno) ci attende una traversata nella Baia di Ha Long. Mai stato così felice che un’imbarcazione vada così piano.

Cristian assorto nei suoi pensieri (“Il frisbee!”).
Cristian assorto nei suoi pensieri (“Il frisbee!”).

Di Gianluca Bigio

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